Storia
Sito, le attestazioni più antiche del centro risalgono alla fine del secolo XI, quando in un documento sia pure di dubbia autenticità agisce con alcune donazioni ai Benedettini della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni il normanno Asclettino, conte di Sicignano e signore di Polla. In occasione della Congiura di Capaccio Federico II fece avocare il Castello alla Curia, obbligando i centri di Cosentino, Petina, Buccino, San Mauro, San Gregorio e Ricigliano a provvedere a eventuali restauri. Nuove controversie toccarono il feudo intorno alla fine del XIII secolo, quando Matteo d’Alena si appropriò del casale dei Vignali, proprietà del Monastero di Venosa, e impedì ai contadini di macinare turbando il libero possesso dei mulini del Monastero di San Benedetto di Salerno: risolutivo fu l’intervento con tre ordinanze di Carlo II d’Angiò. Il feudo entrò quindi in possesso di Petraccione Caracciolo, famiglia a cui il centro rimase legato fino alla meta del XVII secolo. Nel 1729, con l’istituzione del Comune di Galdo, che includeva anche Castelluccio, il territorio viene suddiviso in due parti. La cittadina ha partecipato attivamente sia alle sommosse legate alla nascita della Repubblica Napoletana, sia in occasione dell’annessione del Regno delle Due Sicilie e della proclamazione dell’Unità d’Italia. Dopo la riunificazione con il comune di Galdo nel 1928, a Sicignano viene aggiunta la denominazione “degli Alburni”.
Le origini di Castelluccio dell’abitato, situato sopra un picco isolato con la catena rocciosa degli Alburni sullo fondo, risalgono al secolo XI, quando il casale venne concesso dai principi di Salerno all’arcivescovo salernitano Amato III. La sua storia è intimamente legata a quella di Sicignano: già in una vertenza del 1252 sono evidenziati gli interessi del più popoloso centro verso il piccolo paese, soggetto alla Chiesa di Salerno. A partire dal XV secolo il Casale Cosentinorum entra a far parte dei possedimenti dei Conti d’Alemagna, rimanendo nel patrimonio fondiario della famiglia comitale buccinese fino alla definitiva perdita di gran parte dei loro feudi conseguente alla ribellione del conte Giorgio durante la prima rivolta dei Baroni. Nel 1729 il centro venne inglobato nell’Università autonoma di Galdo, appena istituita, cui rimarrà aggregato fino al 1816: entrambi gli abitati verranno assorbiti dal Comune di Sicignano solo nel 1928.
Il territorio del comune di Sicignano in età romana apparteneva al municipium di Volcei (moderna Buccino) e fu occupato da piccoli nuclei di insediamento agrario che ricadevano in una circoscrizione rurale nota come pago Narano, che comprendeva un’area di pascolo o un fondo Sicinianus cche ha dato nome al paese medievale. L’orografia dominata dalle balze del Monte Alburno limitava, come ancor oggi, le aree coltivabili rispetto alle superfici sfruttabili per la silvicoltura e la pastorizia, che meritarono l’onore della citazione nelle Georgiche virgiliane.
Le caratteristiche del rilievo hanno condizionato anche il tracciato della via Annia o Popilia, del II secolo a.C., che qui aveva un passo obbligato tra l’Alburno e la Serra dello Scorzo, noto in antico come Narici della Lucania (nares Lucanae), lungo l’itinerario da Capua a Reggio; ed è proprio in una locanda alle nares Lucanae che Marco Tullio Cicerone, sulla via dell’esilio, scrisse una lettera sconsolata all’amico Attico nel 58 a.C. Oggi la località si chiama Scorzo ed è attraversata dalla Statale 19 delle Calabrie, che per larghi tratti ricalca la via romana. La vicina contrada di Zuppino, più idonea all’agricoltura, ha restituito in passato una importante testimonianza epigrafica, un termine agrario che delimitava l’agro pubblico romano per effetto della legge Sempronia voluta da Tiberio Gracco (il documento epigrafico è oggi introvabile). Dalla contrada Casale provengono l’epigrafe di una sepoltura romana e un tesoretto monetale di età repubblicana; in località Tempa sono state rinvenute invece due statue funerarie femminili acefale.