Storia
La tradizione letteraria fa derivare la denominazione del promontorio di Palinuro dal timoniere di Enea, qui caduto in mare, secondo il racconto presentato da Virgilio nell’Eneide. In realtà il toponimo sembra piuttosto rimandare al mondo della navigazione e della marineria greca. Esso, infatti, si potrebbe spiegare come Palin–ouros, “dove gira il vento”, nome che trova forse corrispondenza in quello della moderna Punta Spartivento, all’estremità del promontorio.
In alcune delle grotte che caratterizzano il promontorio di Palinuro (della Cala, delle Ciàvole, delle Ossa, Visco) sono state rinvenute tracce di frequentazione umana: Homo di Neanderthal (Paleolitico medio 81.000-35.000 anni fa) e Homo sapiens (Paleolitico superiore, 35.000-12.000 anni fa).
In località Tempa della Guardia-San Paolo sono stati invece rinvenuti i resti di un abitato, e della relativa necropoli, attivo nella seconda metà del VI secolo a.C., attribuibile alla popolazione indigena indicata dai Greci con il nome di Enotri, che ai tempi della colonizzazione greca occupavano l’Italia meridionale, fino a Taranto sullo Ionio e fino a Poseidonia (Paestum) sul Tirreno. La vita di questo abitato si interrompe bruscamente agli inizi del V secolo a.C. L’occupazione dell’area, che da questo momento rientra nel territorio della colonia focea di Elea (Velia), riprende nel IV e III secolo a.C., come dimostra la necropoli individuata in località Saline.
In età romana Palinuro è ricordata quale punto di riferimento per la navigazione e scalo portuale.
La pericolosità del promontorio, evitato dai naviganti, era ben nota nell’antichità e diversi furono i naufragi ricordati dagli autori antichi, tra cui quello della flotta romana dei consoli Servilio Cepione e Sempronio Bleso nel 253 a.C.
Il porto di Palinuro mantenne la sua importanza anche nel Medioevo, come dimostra la sua menzione nell’opera del geografo arabo Idrisi (fine del XII secolo).
Dopo l’acquisto del feudo di Pisciotta, cui erano uniti Palinuro e Molpa, nel 1554 da parte del nobile spagnolo don Sancio Martinez de Leyna, capitano generale delle regie galee del Regno di Napoli, per ostacolare le imbarcazioni dei pirati che spesso si fermavano alla foce di Lambro e Mingardo nonché a protezione dei luoghi, vennero edificate due torri, una a Palinuro e l’altra a Molpa.
La posizione strategica del promontorio di Palinuro fece sì che Gioacchino Murat lo dotasse di un impianto di fortificazioni e ne progettasse, tra l’altro, il taglio dell’istmo che lega il promontorio alla costa in modo da trasformarlo in un’isola.
Il nome di Palinuro è anche tristemente legato alle vicende dei moti cilentani del 1828, in quanto vi vennero fucilati i fratelli Capozzoli, tre “briganti” che avevano avuto un ruolo importante nella rivolta.
L’abitato, costituito da alcune case di pescatori sorte attorno alla cappella di Sant’Antonio a ridosso del litorale, si sviluppò rapidamente dalla fine dell’Ottocento più a monte, presso la chiesa di Santa Maria di Loreto costruita nel 1882. Dalla metà del ‘900 è diventato un centro turistico di fama internazionale per la bellezza e le attrattive del paesaggio.
Nell’area di Tempa della Guardia, località posta a monte del moderno abitato di Palinuro, già occupata nel Neolitico Finale (III millennio a.C.), è stato indagata parte un insediamento della popolazione locale degli Enotri, attivo nella seconda metà del VI secolo a.C. (tra il 540 e il 500 a.C. circa), difeso da una cinta muraria e caratterizzato da abitazioni sparse nell’area costruite con muretti a secco ed elevato in mattoni crudi.
Poco a valle dell’insediamento, a breve distanza dall’attuale centro abitato di Palinuro, a ridosso del litorale, e quindi degli approdi, in prossimità di sorgenti è stata individuata un’area sacra frequentata dal VI al III secolo a.C., nei cui pressi nel III-II secolo a.C. si celebravano rituali legati al culto dell’eroe Palinuro.
La necropoli pertinente a questo insediamento, individuata in località San Paolo, rientrante nell’area di Tempa della Guardia, è costituita prevalentemente da sepolture ad inumazione entro semplici fosse, delimitate da pietre, mentre quelle ad incinerazione sono in minor numero. I corredi funerari sono caratterizzati da vasi sia di produzione indigena con decorazione geometrica, sia figurati attici e di tipo ionico di importazione greca, aspetto che rimanda a contatti col mondo greco, che potrebbero essere simboleggiati dall’episodio di Palinuro raccontato da Virgilio nell’Eneide.
I materiali provenienti dall’abitato, dai santuari e, soprattutto, dalle sepolture sono esposti in parte nel locale Antiquarium in parte nel Museo Archeologico Provinciale di Salerno.
La vita dell’insediamento, nato in funzione dei contatti commerciali con i coloni greci, ebbe fine bruscamente agli inizi del V secolo a.C., quando l’area di Palinuro entrò a far parte del territorio della colonia focea di Elea (Velia).
A partire dal IV e fino al III secolo a.C. l’occupazione dell’area è attestata da necropoli, come quella individuata in località Saline.
Molpa
La collina della Molpa si erge tra le foci dei fiumi Mingardo e Lambro, forse da identificare con il fiume Melpes ricordato da Plinio e localizzato nei pressi di Palinuro. Le foci dei due fiumi nel corso dei secoli hanno costituito un ottimo scalo marittimo.
Su questa modesta altura è stata da sempre ipotizzata l’esistenza di un insediamento antico da mettere in relazione con alcune monete databili al VI secolo a.C., che si richiamano a quelle di Sibari e che recano la scritta ΠΑΛ-ΜΟΛ, nella quale è stata vista la testimonianza di una “alleanza monetale” tra Palinuro e Molpa. La ricerca archeologica documenta tracce di occupazione del sito nel VI e poi nel IV-III secolo a.C.
La tradizione erudita localizza arbitrariamente a Molpa il luogo della Lucania dove si sarebbe ritirato a vita privata l’imperatore Massimiano Erculeo (250-310 d.C.).