Evidenze storico-artistiche
si sviluppa lungo un asse viario centrale, e presenta un impianto tipico dei paesi cilentani, caratterizzato dalla presenza di diverticoli, vicoli lastricati e scale. L’abitato è scandito da diversi edifici storici, fra i quali palazzi nobiliari, chiese, fontane e lavatoi. All’inizio del centro storico ci si imbatte nella chiesa parrocchiale, intitolata a San Sisto II, papa martirizzato nel III secolo. L’impianto originario della risale al XVI secolo, con significativi rifacimenti settecenteschi, ben evidenti nella facciata, tipicamente neoclassica con tre portali d’ingresso, al di sopra dei quali corre un fregio. L’aspetto attuale, tuttavia, è frutto di importanti interventi di ristrutturazione effettuati negli anni ’60 del Novecento. La chiesa, che si affaccia sulla piazza centrale, presenta un impianto a tre navate e un alto campanile. Accanto all’ingresso sinistro della chiesa è una cappella della fine del XVI secolo eretta dalla Confraternita del Rosario.
Proseguendo lungo la via principale si giunge in piazza Guglielmini, dove si incontra la più monumentale delle caratteristiche fontane che caratterizzano il centro storico di Perdifumo. La fu fatta costruire nel 1500 da Giacomo Guindacio, al quale fu concessa la signoria di Perdifumo dal principe di Salerno Roberto Sanseverino per meriti di guerra. La vicenda è immortalata da due iscrizioni poste sulla parete interna della fontana.
Adiacente alla fontana è , una monumentale residenza storica caratterizzata da un fastoso portale in pietra e da un alto torrino circolare, che fungeva, nella parte sommatale, da colombaia.
In una zona sopraelevata, situata a ovest rispetto all’abitato, si erge un importante complesso monastico, intitolato a Santa Maria degli Angeli. Il fu fondato dai frati cappuccini negli anni ’30 del Seicento, ma l’aspetto attuale è frutto di un radicale rifacimento del primo Novecento, seguito ad un periodo di abbandono. Ad una fase precedente si riferisce il portale d’ingresso in pietra, sormontato sull’architrave da una lunetta recante un piccolo affresco settecentesco detto “della Porziuncola”, da cui deriva la denominazione alternativa del complesso, quella di Santa Maria della Porziuncola. All’interno della chiesa si conserva un raffinato tabernacolo ligneo del Settecento che, sulla cui porticina d’ingresso è raffigurato l’Arcangelo Michele. Questa immagine, unitamente ad una lastra marmorea databile al secolo XI, testimonia il rapporto di continuità fra il nuovo convento francescano e l’antico monastero dell’Arcangelo, probabilmente già in rovina al momento della fondazione di Santa Maria degli Angeli. Nella chiesa si conserva inoltre un crocefisso della fine del Cinquecento, venerato dalla comunità di Perdifumo insieme alla statua della Madonna del Rosario custodita nella parrocchiale.
Mercato
La parte più antica del centro abitato di Mercato è localizzata nel settore più elevato, dove lungo i due lati della strada che conduce al convento di Santa Maria del Carmine sorgono diverse residenze storiche.
Il è la principale emergenza monumentale del piccolo centro, posto su un’altura protesa verso il mare, in posizione dominante rispetto al paesaggio circostante. Il nucleo originario del complesso, costituito dalla chiesa e dal cenobio, risale agli anni Settanta del Quattrocento. Venne fondato, infatti, nel 1472, per iniziativa del frate carmelitano Girolamo De’ Signo, in precedenza priore del monastero napoletano del Carmine Maggiore. L’imponente struttura presenta una pianta quadrangolare, che ingloba nel lato settentrionale la chiesa e il campanile. Al complesso si accedeva in antico da sud, attraverso una scala in pietra che conduceva ad un cortile, sul quale si apriva il portale monumentale in bugnato. Il lato meridionale, che guarda verso l’abitato, è rinforzato da tre torrioni; i due angoli occidentali sono muniti di torri, una a pianta circolare (a nord) e una a pianta quadrata (a sud). All’interno, la struttura gravita intorno ad un atrio centrale porticato a pianta quadrangolare, al cui centro è un pozzo monumentale in pietra.
La chiesa presenta un impianto a navata unica con soffitto a botte, con cappelle che si aprono su entrambi i lati. L’edificio è stato oggetto di numerosi interventi di restauro documentati a partire dal Settecento, che tuttavia non ne hanno alterato l’assetto originario. All’esterno, il campanile a pianta circolare – originariamente il torrino nord-orientale del complesso – si addossa al lato destro dell’ingresso.
L’assetto monumentale del complesso, e in particolare la presenza delle torri fortificate, ha indotto alcuni studiosi a presumere un’originaria funzione militare dell’edificio, soltanto in un secondo momento convertito in convento.
La chiesa, in occasione della festività della Madonna del Carmine è meta di pellegrinaggio da parte degli abitanti dei paesi circostanti e, in quella occasione, si svolgeva anche una importante fiera.
Vatolla
Il centro storico di Vatolla si disloca su un crinale collinare, caratterizzato dalla presenza di folti castagneti. Le abitazioni sorgono per un primo tratto sui due lati di un asse viario che si snoda lungo il declivio collinare, giungendo allo slargo dominato dall’imponente Palazzo Vargas. Il paese, con i suoi vicoli e strettoie, ha conservato aspetto architettonico e dimensioni pressoché originari, a fronte di una storia ormai più che millenaria. Il decennale soggiorno a Vatolla di Giambattista Vico, dal 1686 al 1695, permea ancor oggi il piccolo centro di una grande vivacità culturale legata alla figura del grande filosofo napoletano.
Il patrimonio storico-artistico del borgo è arricchito dalla presenza di due edifici religiosi. Posta in posizione dominante rispetto all’abitato è la chiesa parrocchiale di , il cui impianto originario risale – stando ai documenti – al secolo XI. L’aspetto attuale della facciata è il frutto di un restauro recente; ciononostante è possibile scorgere ai due lati del portale, all’altezza dell’architrave, due pannelli marmorei scolpiti appartenenti ad un sarcofago romano di età tardo-imperiale. Sul è rappresentato il dio Pan, reso di prospetto e ben identificabile per le corna e il caratteristico attributo del flauto, insieme ad un giovane nudo che regge un mantello nella mano destra; sui due lati si intravedono un tralcio di vite e le estremità di un doppio flauto. Sul sono raffigurati da sinistra a destra Dioniso, un fanciullo ed una figura di anziano (il cd. ‘papposileno’, personaggio tipico del corteo dionisiaco) che regge con la mano destra un mantello insieme ad una quarta figura incompleta. Sul lato sinistro della facciata si innesta il campanile, anch’esso restaurato.
La chiesa presenta un impianto a tre navate, delle quali quella centrale presenta un soffitto piano, mentre le laterali sono coperte da volte a crociera.
Procedendo verso ovest, nella parte più bassa dell’abitato, si incontra il . La costruzione del convento iniziò nel 1619, a seguito di una donazione da parte del barone Griso di Vatolla ai frati Minori Osservanti. Il barone aveva donato loro una cappella che recava al proprio interno un affresco raffigurante l’immagine della Madonna della Pietà, dalla quale deriva il l’intitolazione del convento. Nel convento i frati costituirono una biblioteca nella quale – stando alla sua autobiografia – Giambattista Vico si recava sovente per motivi di studio. Come accadde per tutte le istituzioni monastiche del Regno di Napoli, durante il decennio francese il convento fu soppresso, venendo riaperto soltanto dopo la Restaurazione. Seguirono quindi dei lavori di ristrutturazione dell’antica fabbrica monastica, che conferirono alla struttura l’aspetto attuale. Della fase originaria si conservano tratti dei muri di delimitazione della proprietà conventuale – visibili sul lato strada – nonché la vecchia cappella, attualmente non accessibile. Il piazzale antistante l’edificio, proteso verso il mare, era, secondo la tradizione, uno dei luoghi prediletti da Vico per le sue meditazioni; tra le piante d’ulivo lì presenti, una viene suggestivamente indicata come quella all’ombra della quale il filosofo avrebbe amato sostare.
Palazzo Vargas
Ubicato nel cuore dell’abitato di Vatolla, in una posizione che assicurava un’ampia visibilità verso la costa, è senza dubbio l’edificio storicamente ed architettonicamente più emblematico del piccolo centro cilentano.
Il palazzo divenne residenza signorile nel corso del Cinquecento per iniziativa della famiglia Griso; a questi interventi, quindi, si deve far risalire la sua attuale planimetria. L’edificio fu in seguito possedimento dei baroni Rocca, presso i quali il Vico esercitò la mansione di precettore. Il soggiorno di Vico è testimoniato da una affissa sulla facciata del palazzo prospiciente la piazza intitolata al celebre filosofo. L’attuale denominazione dell’edificio, invece, è legata alla famiglia napoletana di origini spagnole dei Vargas Macciucca, che divennero marchesi di Vatolla nella seconda metà del Settecento.
Il palazzo è un’imponente costruzione a pianta trapezoidale dotata di quattro torri circolari presso gli angoli. La torre di nord-est, sul lato esterno, ingloba la della sorgente La Pila, recentemente restaurata. Attraverso un portale monumentale in bugnato si accede al , spazio di raccordo fra le altre ali del palazzo. Attualmente risulta accessibile soltanto una piccola parte degli spazi interni: l’ala orientale è infatti adibita ad uso privato residenziale, mentre il lato meridionale – il più antico, a cui si accede attraverso un portale minore posto dirimpetto a quello principale – è concesso come abitazione al custode della struttura. L’unica è quella occidentale, destinata in antico alla servitù, mentre ora concessa in comodato alla Fondazione “Giambattista Vico”, che ne cura la valorizzazione attraverso attività culturali.
Questa parte del palazzo conserva diversi elementi dell’arredamento sei-settecentesco, fra cui il pavimento in cotto e una parte del mobilio. Alcune sale ospitano la biblioteca del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, e custodiscono un ricco patrimonio di cimeli vichiani, dipinti e carte geografiche storiche. Il salone centrale è adibito a sala convegni.
Link utili: Sito web Fondazione Giambattista Vico
Camella
La frazione di Camella sorge su un declivio localizzato a nord rispetto all’abitato di Perdifumo. Il piccolo borgo conserva oggi l’impianto insediativo del nucleo originario, caratterizzato da un fitto aggregato di abitazioni e residenze storiche affacciate su una strada lastricata, che conduce alla chiesa di San Nazario, posta al limite settentrionale dell’abitato.
L’impianto della , risale probabilmente al XII secolo: la presenza di un luogo di culto consacrato al martire è infatti attestata a Camella già nel 1129. Profondamente restaurata nel periodo barocco, la chiesa è stata nuovamente ristrutturata nei primi anni Duemila.
La chiesa presenta una pianta a tre navate, caratterizzate da una ricca decorazione in stile baroccheggiante. L’alto campanile, impostato sulla navata sinistra della chiesa, in corrispondenza della facciata, è composto da quattro ordini; il secondo e il terzo sono scanditi sui quattro lati da altrettante colonne ioniche realizzate a rilievo in stucco. Sulla facciata esterna, interessata dai restauri recenti, a sinistra dell’arco che introduce al nartece si intravede un’iscrizione lapidea recante la data del 1700, forse indicativa di un precedente intervento di restauro.
Risalendo a monte lungo la strada lastricata si incontrano diversi edifici e residenze storiche, fra cui spicca un appartenente alla famiglia Materazzi, caratterizzato da una facciata resa in un vivace stile eclettico di fine Ottocento.
Nei pressi dell’ingresso al paese si trova una caratterizzata da una struttura architettonica del tutto simile a quella della fontana di Perdifumo situata in piazza Guglielmini. Un’, ormai scarsamente leggibile, affissa al muro di fondo della fontana, attesta la donazione da parte del feudatario locale, Giovan Giacomo Altomare, nel 1566, finalizzata a migliorare l’approvvigionamento idrico del piccolo centro.
REFERENZE FOTOGRAFICHE
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