Storia
Sito, casale di Caggiano, dal quale si emancipò solo nel 1830, il centro è intimamente legato alle vicende dell’Abbazia della SS. Trinità di Cava de’Tirreni sin dalle proprie origini: i monaci cavensi vi hanno infatti mantenuto la giurisdizione spirituale fino al 1972, quando con la soppressione della Diocesi della Badia di Cava la cittadina è stata annessa alla Diocesi di Teggiano-Policastro. L’attuale aspetto del paese, anticamente suddiviso in tre casali, deriva dalla riorganizzazione dell’abitato a seguito del terremoto del 1857.
Una dei capitoli più interessanti della ricerca archeologica in Italia Meridionale è stato scritto nella grotta di Pertosa tra 1898 e il 1907. La spelonca, già visitata e descritta da viaggiatori famosi, era molto nota in epoca antica, perché si riteneva che il fiume Negro/Tanagro, dopo essere scomparso in un inghiottitoio presso Polla, riemergesse dalla caverna di Pertosa.
Il primo scavo fu diretto da Giovanni Patroni del Museo Archeologico di Napoli e portò alla scoperta di una palafitta lignea conservatasi negli strati limosi a circa un metro di profondità. L’anno stesso lo scavo fu proseguito da Paolo Carucci, professore naturalista originario di Caggiano che, a un livello più profondo, trovò una seconda palafitta e circa trecento vasetti miniaturistici deposti in un anfratto roccioso nella parte più oscura dell’antegrotta. I molti reperti recuperati andarono in parte al Museo Pigorini a Roma e in parte nella collezione dello stesso Carucci, poi confluita nel Museo Archeologico Provinciale di Salerno. La ripresa degli studi e delle ricerc, a partire dagli anni 90 e poi dal 2004, ha consentito di inquadrare meglio l’insediamento palafitticolo nell’ambito della media età del bronzo (XVII-XIV secolo a.C., con qualche incertezza rispetto alla palafitta inferiore più antica).
Oggetti votivi di età ellenistica e romana erano affiorati dagli strati più superficiali; altri ancora vennero alla luce nel 1907, immediatamente all’esterno della grotta, testimoniando un culto che prevedeva la deposizione in acqua delle offerte (armi minaturistiche e non, di bronzo e ferro, coroplastica figurata) durante l’età del Bronzo recente e finale (XIII-XI secolo a.C.) e fino all’età imperiale. Da quell’anno il torrente che fuorisciva dalla spelonca fu sbarrato da una diga in funzione di una centrale idroelettrica (per questo oggi la grotta si percorre in barca), i resti del deposito archeologico finirono sott’acqua fino al 2004, quando lavori di manutenzione della centrale hanno permesso lo svolgimento di nuove campagne di indagini archeologiche e archeometriche. A conclusioni di queste indagini si è allestito il museo archeo-speleologico di Pertosa.