Storia
Sito, risalente all’Altro Medioevo, come sembra indicare il toponimo Saal-Sala di origine germanica cui è stato aggiunto solo in epoca contemporanea il richiamo alla città romana di Cosilinum, l’abitato di Sala, adagiato ai piedi dei Monti della Maddalena, trova le sue attestazioni più antiche nel periodo dell’occupazione normanna: a quest’epoca infatti risalgono la fondazione di alcune chiese cittadine, come San Leone IX, Santo Stefano Protomartire e Sant’Eustachio. Per la propria pittoresca e ben protetta posizione, sul pendio di un’altura dominante il Vallo di Diano, il centro diviene gradualmente punto nodale per il territorio, finché non viene cinto d’assedio nel 1246 da Federico II, a causa di una congiura ordita dai Sanseverino e da altri baroni del Regno, subendo una prima grave distruzione. Un’altra distruzione avverrà nel 1497, allorquando – sempre a causa dei Sanseverino, suoi Signori feudali – gli Aragonesi ne assediano nuovamente il Castello radendolo definitivamente al suolo. In seguito allo smembramento del feudo dei Sanseverino, Sala fu venduta al Principe di Stigliano e successivamente ai Caracciolo di Brienza. Una tradizione vuole che nel 1535 sia stato offerto un sontuoso banchetto all’imperatore Carlo V, di ritorno dalla spedizione di Tunisi: ogni anno dell’episodio si tiene una rievocazione storica durante il mese di agosto. Dopo una lenta ripresa cominciata nel XVI sec. la popolazione di Sala risente fortemente della peste del 1656, in cui viene letteralmente decimata. Bisognerà attendere il Settecento perché le migliori condizioni economiche e un più stabile assetto demografico si traducano in un sostanziale sviluppo urbanistico, tanto civile quanto religioso: a quest’epoca risalgono infatti i palazzi gentilizi delle famiglie Bove, Grammatico e Acciari, la Grancia di San Lorenzo e soprattutto il largo restauro della chiesa di Santo Stefano Protomartire. Dal 1806 al 1860 il paese è stato capoluogo dell’omonimo distretto del Regno delle Due Sicilie.
Alla fine del X secolo a.C. sulle pendici collinari di Sala Consilina sorse un centro abitato che si conosce indirettamente, attraverso le necropoli che rappresentano un caposaldo per la conoscenza dell’età del Ferro dell’Italia meridionale. Due importanti nuclei di sepolture sono state indagate alla periferia dell’abitato moderno, in località S. Antonio e S. Nicola a nord-ovest, e a S. Rocco a sud-est: la prima area è stata utilizzata fino all’VIII secolo a.C., la seconda nei secoli successivi, fino al V a.C. Sono stati recuperati finora i corrredi di più di 2000 sepolture, molti altri sono stati trafugati o esportati all’estero.
Le tombe più antiche sono a incinerazione e appartengono a un gruppo di cultura villanoviana, proveniente con molta probabilità dall’Etruria meridionale, come denunciano le fogge vascolari e, in particolare, l’urna cineraria biconica in impasto che, nelle tombe dei guerrieri è coperta da un elmo fittile a calotta con supporto cilindrico per il cimiero, e da una ciotola capovolta negli altri casi. Accanto alle incinerazioni sono però presenti anche tombe a inumazione, perlopiù femminili, riferibili a donne indigene di cultura enotria. Nell’VIII secolo a.C. l’inumazione supina diventa predominante e questo fenomeno è stato interpretato come esito dell’assorbimento dei portatori di cultura villanoviana nella compagine indigena. A queste trasformazioni demografiche e culturali partecipano anche individui provenienti dalle valli del Sele e dell’Ofanto.
Tra gli aspetti più interessanti della cultura materiale di una fase avanzata dell’età del Ferro vi è la produzione di una classe di vasi in argilla figulina depurata (non più in impasto), decorata con motivi dipinti “a tenda” che in forme più evolute caratterizzerà il vasellame a decorazione geometrica dipinta, monocroma e bicroma, fino agli inizi del VI secolo a.C.
Finora non è stata rinvenuta traccia dell’abitato relativo alle necropoli dell’età del Ferro, ma si sa che esso dovette sopravvivere fino alla fine del VI secolo a.C., come testimonia un gruppo di sepolture più recenti, tra cui una tomba principesca con riccco corredo di vasi attici e vasi di bronzo, confluito nelle collezioni del Petit Palais a Parigi. Dal V secolo a.C. l’area di Sala Consilina non sembra più occupata da un insediamento accentrato, come in precedenza, probabile segno questo dell’arrivo di gruppi osco-sannitici.
In età romana il territorio apparteneva alla città di Atina (Atena Lucana): una serie di ville rustiche e fattorie sono indiziate da epigrafi ed edicole funerarie figurate, provenienti in prevalenza dall’area periferica di Profica, dove sorgeva anche un tempio di Giove, del quale è notizia attraverso la dedica del magistrato Quinto Stazio Gallo che, in età imperiale, ne curò il rifacimento a sue spese. La campagna era attraversata dall’importante via di comunicazione tra Capua e Reggio (via Annia, o Popilia, o Annia Popilia); nel 131 i triumviri, incaricati di recuperare e dividere l’agro pubblico romano ai sensi della Legge Sempronia, operarono in quest’area lasciandovi la serie più numerosa che ci sia pervenuta di termini agrari di tipo graccano, recanti le indicazioni degli incroci di cardini e decumani che componevano la maglia di riferimento catastale.